mercoledì 8 gennaio 2014

I saloni di parrucchiere gestiti dai Cinesi.

So di toccare un argomento scottante per ogni parrucchiera o parrucchiere che si "rispetti" ma ritengo che non ci debba essere omertà in merito, in quanto, solo una discussione aperta ci permette di trovare soluzioni che non ci facciano perdere lavoro e clienti.
Tanto per cominciare una volta si dovrebbe provare ad andare. La mia naturale curiosità per le cose mi ha portato a farlo.
Pochi mesi fa d'istinto sono entrata in uno di questi negozi a Milano, decisa a tagliarmi i capelli in un certo modo. Mi sono detta " i cinesi copiano tutto saranno in grado di copiare anche questo" e così con la mia bella fotina che noi tanto odiamo ma sulla quale loro non fanno un plisè sono entrata.
Questo, diciamo così, negozio, ma credo che bene o male siano più o meno tutti uguali, non aveva il classico odore da " parrucchiere" a cui sono abituata fin dalla nascita. Non puzzava neanche...era come loro neutro. Già, neutro, come loro che sono impassibili e imperturbabili. Non come noi che se la cliente "sbraita" per aver atteso cinque minuti più del necessario, andiamo nel panico.
La mia preoccupazione maggiore era sull'igiene a cui personalmente sono molto attenta essendo già schifiltosa di mio. Che shampoo useranno? avranno le salviette pulite o monouso? Tutte domande lecite che da professionista mi sono posta ma che evidentemente la maggior parte delle persone che frequenta questi saloni non si pone, in fondo per 10 euro taglio e piega del resto non si può certo fare gli schizzinosi.
Uno shampista di un'età indefinita mi fa accomodare in uno dei due lavaggi e senza troppe domande ( del resto l'italiano è un optional non compreso nel prezzo) tira fuori un bottiglione di shampoo da grande distribuzione e mi massaggia, direi abbastanza accuratamente, i capelli. Mi chiede "Balsamo?" avrei voglia di rispondergli " se non me lo metti ti ci vuole il rastrello per pettinarmi" ma mi limito a un" si grazie" esente da polemiche, il problema è che me lo applica a malapena sciacquando lo shampoo. "Pazienza", penso, " Quando tornerò a casa me li rilaverò come si deve".
Quello che mi preme è il taglio.
Scelgo un ragazzino magrissimo con l'unghia del mignolo lunga come quella di Pamela Anderson dopo la ricostruzione a gel, con i capelli tagliati cortissimi ai lati e tutti in piedi di un color giallo pannocchia.
Mi siedo, tiro fuori la fotina, lui annuisce e inizia a tagliare. Tutto senza proferire verbo.
Taglia con una perizia che ha del ripetitivo, senz'anima, senza passione, senz'arte. Quasi come se le forbici le avesse in mano un automa. Osservo attentamente ogni sua mossa ma lo lascio fare, del resto sono sotto copertura e non voglio fargli assolutamente capire che sono, diciamo così una "collega" anche se questo pensiero mi fa rabbrividire.
Durata? Venti minuti a dir tanto in un silenzio rotto solo da qualche frase lanciata al collega che lavora di fianco, ovviamente in cinese strettissimo.
Mi toglie la mantellina mi chiede "lacca?"; Laccaaaaa? così poi sembro imbalsamata " no grazie". Mi alzo, pago ( 10 euro), ricevuta e allivedelci.
Tornata a casa prendo un paio di specchi e controllo. Risultato:
Taglio: voto 7
Lucentezza e morbidezza dei capelli: voto 2
Piega: voto 2
nel complesso quello che volevo ( circa) senza infamia e senza lode.
Morale della favola. Per combattere bisogna essere cortesi, puliti, creativi, disponibili e ultimo ma non ultimo molto molto pazienti perché loro nell'imperturbabilità travestita da pazienza mettono l'ignoranza della non conoscenza del verbo.
Meditiamo parliamone e discutiamone.

Jill

Nessun commento:

Posta un commento